Dismorfofobia: il selfie può essere un sintomo

selfie dismorfofobiaCon l’avvento dei moderni smartphone e dei social network si è andata affermando sempre più la pratica del “selfie”, ovvero del fotografarsi (da soli o in compagnia di amici,personaggi famosi, etc), per poi postare le nostre foto sui social e condividerle con la nostra rete di contatti. Una pratica talmente usuale, che nel 2013 il termine “selfie” è stata eletta parola dell’anno.

I selfies, come le foto sui social in genere, sono diventati un modo per ricordare i bei momenti vissuti, gli attimi di vita che hanno lasciato il segno dentro di noi e che per questo ci sentiamo di voler condividere con gli altri. Un nuovo abito, una vacanza in un luogo da sogno, un incontro con il nostro cantante preferito: in queste e in tante altre occasioni possiamo provare il desiderio più che naturale di “scattarci un selfie” e postarlo sui social. Un atteggiamento normale che non nasconde nulla di male, sempre che questo però non diventi una vera e propria ossessione.

In pochi sanno infatti che il selfie è stato catalogato dall’APA (Associazione Americana di Psichiatria) come nuovo disturbo mentale. L’APA ha infatto considerato la dipendenza da selfie come una conseguenza della dismorfofobia (paura o impressione ingiustificata di essere brutto o deforme) sottolineando in particolare un elemento: due terzi dei pazienti che soffrono di dismorfofobia coltivano regolarmente la pratica del selfie. Il dottore David Veale precisa:

«Il farsi dei selfie non deve essere considerato come una dipendenza in quanto tale, ma come un sintomo moderno della dismorfofobia che potrebbe portare le vittime a verificare continuamente il proprio aspetto. »

Emblematico in tal senso è il caso di Danny Bowman, il diciannovenne inglese morto suicida a cui era stato diagnosticato un disordine dismorfico del corpo e un disturbo ossessivo compulsivo, il quale aveva poi sviluppato una dipendenza da selfie arrivando a fotografarsi anche 200 volte al giorno.

Sebbene quello di Bowman rappresenti un caso particolarmente estremo, il problema che sta a monte non va sottovalutato. Molto spesso quando si esagera con i selfie (ma anche in altre pratiche di cura e attenzione per il corpo, come quelle che avevamo analizzato in un precedente articolo) non è solo una questione di vanità, ma di salute mentale che curata in maniera appropriata con uno specialista.

I ricercatori dell’Università del Michigan in uno studio hanno segnalato come gli adolescenti e gli adulti di mezza età siano i target più a rischio, avendo rilevato una maggior frequenza di pubblicazione e maggiori tratti narcisistici nei loro interventi sui social.

Ma la tecnologia, se utilizzata in maniera  inpprorpiata, può rappresentare un paricolo ad ogni età.

Lascia un commento