Dismorfofobia e dipendenza da fitness: quando lo specchio non dice la verità

dipendenza fitness

“Mens sana in corpore sano” dicevano i latini e ormai è risaputo che un’attività fisica regolare, oltre a regalare benessere fisico, migliora l’umore, riduce il rischio di depressione, abbassa i livelli d’ansia e scarica la rabbia, facendoci sentire anche più soddisfatti e sicuri. Può capitare però che il fitness inizi a diventare un pensiero costante. In questo caso, si parla di dipendenza da esercizio fisico in cui lo sport prende il sopravvento e diventa prioritario su tutti gli altri settori della vita, si parla in questo caso di “dipendenza da fitness” o Overtraining Syndrome

Allo stesso modo capita che l’attenzione per il proprio l’aspetto fisico diventino un’ossessione, in questo caso si parla di dismorfofobia. L’elemento peculiare che la contraddistingue è la preoccupazione per uno o più difetti fisici: tali difetti sono spesso totalmente immaginari, oppure, se è presente una reale, minima anomalia, il soggetto la ingigantisce fino a considerarla una vera e propria deformità. In genere le parti maggiormente esposte all’autocritica sono seno, capelli, cosce e fianchi per le donne; torace, addome, naso, pene, testicoli e capelli, per gli uomini.

Nell’ambito della mia professione mi capita sempre più spesso di entrare in contatto con pazienti affetti da una di queste sindromi e, l’arrivo della bella stagione con i corpi sempre più scoperti e esposti all’altrui sguardo, tende ad accentuare i sintomi di entrambe.

I soggetti affetti da queste sindromi tendono in genere ad organizzare la loro vita intorno allo sport o all’aspetto fisico, spesso passando gran parte delle loro giornate a controllare il proprio corpo direttamente, o su qualsiasi superficie riflettente a loro disposizione. Sebbene i rituali intrapresi intorno alla cura del proprio corpo abbiano lo scopo di far diminuire l’ansia legata a eventuali difetti percepiti, questi tentativi in realtà non solo falliscono, ma incrementano le tensioni psicofisiologiche, che diventano in seguito sintomo-specifiche, alimentando a loro volta le preoccupazioni ed i tormenti legati al proprio aspetto fisico. Si innesca così quello che in psicologia viene definito loop disfunzionale, ovvero quel processo fatto di comportamenti, pensieri o azioni che tendono a mantenere e a peggiorare il problema anziché risolverlo.

Il disagio derivante dalla percezione del “difetto” molto spesso porta il paziente affetto da dismorfofobia a ricorrere a trattamenti estetici e chirurgici continui, al fine di migliorare il proprio aspetto. Il ricorso alla chirurgia, e quindi la soluzione del difetto, in realtà non fanno altro che spostare l’attenzione su un’altra parte del corpo su cui il paziente sceglie nuovamente di intervenire, innescando di fatto un circolo vizioso. L’obiettivo dell’intervento psicologico e della terapia cognitivo-comportamentale è proprio quello di sbloccare il loop disfunzionale, portando i sintomi, e quindi i disturbi, a rapida remissione senza uso di farmaci.

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